Il contributo prende le mosse dall’ordinanza di rimessione sulla legittimità costituzionale dell’art. 580 c.p., che è stata formulata nel processo a carico di Marco Cappato per aver aiutato Fabiano Antoniani a suicidarsi presso una clinica svizzera. Dopo aver analizzato criticamente le tesi orientate a configurare un indiscriminato diritto a morire, l’articolo mette a profitto la giurisprudenza della Corte europea e della Corte suprema canadese (per la prima volta esaminata in uno scritto penalistico) ed esamina le varie soluzioni proposte dalla dottrina per risolvere il caso Cappato: in primo luogo quelle che propongono di interpretare restrittivamente l’art. 580 c.p. oppure di applicare la normativa svizzera al posto di quella italiana; successivamente quelle che parlano di un diritto a morire (non incondizionato ma) configurabile nei soli casi in cui in cui l’aspirante suicida versi in condizioni di grave sofferenza. L’autore mostra la sua preferenza per queste ultime impostazioni, perché più idonee a mostrare i valori in gioco, e svolge alcune osservazioni inedite in merito ai rapporti tra il diritto a morire senza soffrire e il principio di autodeterminazione terapeutica, che consente di interrompere la somministrazione dei trattamenti di sostegno vitale.

Il caso Cappato e il diritto a morire (senza soffrire)

Gentile Gianluca
2018-01-01

Abstract

Il contributo prende le mosse dall’ordinanza di rimessione sulla legittimità costituzionale dell’art. 580 c.p., che è stata formulata nel processo a carico di Marco Cappato per aver aiutato Fabiano Antoniani a suicidarsi presso una clinica svizzera. Dopo aver analizzato criticamente le tesi orientate a configurare un indiscriminato diritto a morire, l’articolo mette a profitto la giurisprudenza della Corte europea e della Corte suprema canadese (per la prima volta esaminata in uno scritto penalistico) ed esamina le varie soluzioni proposte dalla dottrina per risolvere il caso Cappato: in primo luogo quelle che propongono di interpretare restrittivamente l’art. 580 c.p. oppure di applicare la normativa svizzera al posto di quella italiana; successivamente quelle che parlano di un diritto a morire (non incondizionato ma) configurabile nei soli casi in cui in cui l’aspirante suicida versi in condizioni di grave sofferenza. L’autore mostra la sua preferenza per queste ultime impostazioni, perché più idonee a mostrare i valori in gioco, e svolge alcune osservazioni inedite in merito ai rapporti tra il diritto a morire senza soffrire e il principio di autodeterminazione terapeutica, che consente di interrompere la somministrazione dei trattamenti di sostegno vitale.
2018
fine vita; autodeterminazione; diritto penale
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12570/1125
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