I conferimenti d’azienda e le cessioni di quote sono operazioni realizzate dall’imprenditore per finalità di riorganizzazione aziendale possono, però, costituire per l’Amministrazione finanziaria uno schema negoziale elusivo. La nostra normativa interna sui conferimenti è conforme alla direttiva 2008/7/CE, tuttavia se detta sequenza di operazioni risultasse elusiva l’operazione risulterebbe contraria al più generale principio di divieto di abuso del diritto. Il legislatore italiano, in conformità con le direttive europee, ha introdotto l’applicazione, in caso di conferimenti e di cessione di partecipazioni, dell’imposta fissa di registro. L’eventuale possibilità da parte dell’amministrazione finanziaria, in sede di rettifica, di ricondurre attraverso il collegamento di atti la sequenza conferimento di azienda e cessione di quote ad una cessione indiretta di azienda, potrebbe condurre all’applicazione dell’imposta proporzionale di registro con un’evidente violazione della direttiva 2008/7/CE in materia di raccolta di capitali. Attraverso l’analisi della giurisprudenza di merito e di legittimità il presente saggio analizza, sotto un profilo sistematico, il percorso logico giuridico che può condurre, o meno, ad una riqualificazione dell’operazione nel suo complesso. Spetterà al giudice dello Stato membro verificare, caso per caso, sotto il profilo oggettivo e soggettivo se la cessione della partecipazione totalitaria abbia come effetto il trasferimento del patrimonio della partecipata alla stessa stregua di una cessione di azienda e se detta operazione debba essere riqualificata e assoggettata ad imposta di registro proporzionale - come cessione indiretta di azienda - o sia da considerare rientrante nel campo di applicazione dell’Iva. Nel primo caso si potrebbe verificare una violazione del divieto di abuso del diritto principio tutelato dall’Unione Europea, che tuttavia trova in questo caso specifico una limitazione nella stessa direttiva 2006/112/CE. I conferimenti di azienda e le cessioni di quotesono soggette ad imposta fissa di registro in conformità con la direttiva sulla raccolta di capitali; una riqualificazione da parte dell’amministrazione finanziaria potrebbe risultare contraria, non solo all’art. 20 del d.p.r. n.131/86 (norma sull’interpretazione degli effetti giuridici degli atti), che preclude l’utilizzo di elementi extratestuali, ma anche agli art. 50, 4 e 11 della tariffa parte I del d.p.r.n.131/86 che disciplinano l’applicazione dell’imposta fissa di registro rispettivamente per entrambe le operazioni. Lo schema operativo descritto, in caso di finalità elusive, evidenzia nell’ambito del nostro ordinamento una possibile discrasia: da una parte l’esigenza di tutelare il principio di divieto di abuso del diritto e dall’altra rispettare le disposizioni interne che prevedono la tassazione fissa di registro in conformità con la direttiva comunitaria. In tal caso si potrà determinare un problema di contrasto tra normativa comunitaria e norma interna con eventuale disapplicazione da parte dei giudici di quest’ultima. L’evoluzione giurisprudenziale della Corte di Giustizia in materia di cessioni di quote aggiunge ulteriori elementi di riflessione sulla base della nozione autonoma di cessione di azienda e sulla rilevanza di requisiti oggettivi e soggettivi. La corretta interpretazione della causa reale sottesa ad operazioni collegate consentirebbe di distinguere ipotesi di elusione/abuso del diritto da quelle invece volte alla mera riorganizzazione aziendale, evitando almeno limitatamente, a queste ultime fattispecie il contrasto tra la normativa interna e la direttiva 2006/112/CE.

Conferimento d’azienda e cessione di partecipazioni: configurabilità di un trasferimento d’azienda alla luce dell’orientamento della Cassazione e della Corte di Giustizia

NASTRI, Maria Pia
2013-01-01

Abstract

I conferimenti d’azienda e le cessioni di quote sono operazioni realizzate dall’imprenditore per finalità di riorganizzazione aziendale possono, però, costituire per l’Amministrazione finanziaria uno schema negoziale elusivo. La nostra normativa interna sui conferimenti è conforme alla direttiva 2008/7/CE, tuttavia se detta sequenza di operazioni risultasse elusiva l’operazione risulterebbe contraria al più generale principio di divieto di abuso del diritto. Il legislatore italiano, in conformità con le direttive europee, ha introdotto l’applicazione, in caso di conferimenti e di cessione di partecipazioni, dell’imposta fissa di registro. L’eventuale possibilità da parte dell’amministrazione finanziaria, in sede di rettifica, di ricondurre attraverso il collegamento di atti la sequenza conferimento di azienda e cessione di quote ad una cessione indiretta di azienda, potrebbe condurre all’applicazione dell’imposta proporzionale di registro con un’evidente violazione della direttiva 2008/7/CE in materia di raccolta di capitali. Attraverso l’analisi della giurisprudenza di merito e di legittimità il presente saggio analizza, sotto un profilo sistematico, il percorso logico giuridico che può condurre, o meno, ad una riqualificazione dell’operazione nel suo complesso. Spetterà al giudice dello Stato membro verificare, caso per caso, sotto il profilo oggettivo e soggettivo se la cessione della partecipazione totalitaria abbia come effetto il trasferimento del patrimonio della partecipata alla stessa stregua di una cessione di azienda e se detta operazione debba essere riqualificata e assoggettata ad imposta di registro proporzionale - come cessione indiretta di azienda - o sia da considerare rientrante nel campo di applicazione dell’Iva. Nel primo caso si potrebbe verificare una violazione del divieto di abuso del diritto principio tutelato dall’Unione Europea, che tuttavia trova in questo caso specifico una limitazione nella stessa direttiva 2006/112/CE. I conferimenti di azienda e le cessioni di quotesono soggette ad imposta fissa di registro in conformità con la direttiva sulla raccolta di capitali; una riqualificazione da parte dell’amministrazione finanziaria potrebbe risultare contraria, non solo all’art. 20 del d.p.r. n.131/86 (norma sull’interpretazione degli effetti giuridici degli atti), che preclude l’utilizzo di elementi extratestuali, ma anche agli art. 50, 4 e 11 della tariffa parte I del d.p.r.n.131/86 che disciplinano l’applicazione dell’imposta fissa di registro rispettivamente per entrambe le operazioni. Lo schema operativo descritto, in caso di finalità elusive, evidenzia nell’ambito del nostro ordinamento una possibile discrasia: da una parte l’esigenza di tutelare il principio di divieto di abuso del diritto e dall’altra rispettare le disposizioni interne che prevedono la tassazione fissa di registro in conformità con la direttiva comunitaria. In tal caso si potrà determinare un problema di contrasto tra normativa comunitaria e norma interna con eventuale disapplicazione da parte dei giudici di quest’ultima. L’evoluzione giurisprudenziale della Corte di Giustizia in materia di cessioni di quote aggiunge ulteriori elementi di riflessione sulla base della nozione autonoma di cessione di azienda e sulla rilevanza di requisiti oggettivi e soggettivi. La corretta interpretazione della causa reale sottesa ad operazioni collegate consentirebbe di distinguere ipotesi di elusione/abuso del diritto da quelle invece volte alla mera riorganizzazione aziendale, evitando almeno limitatamente, a queste ultime fattispecie il contrasto tra la normativa interna e la direttiva 2006/112/CE.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12570/1563
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