L’università decresce. Le variazioni percentuali: -11,74% docenti/ricercatori (2008 –2020); -24,52% dottorandi (2008/09 al 2019/20); –4,68% iscritti triennali e magistrali (2010/11 al 2019/20); -8,18% assegnisti di ricerca (2012-2019). L’università decresce diversamente per genere. Dal 2010/11 al 2019/20, le variazioni degli iscritti sono state: -6,80% le iscritte; -1,45% gli iscritti. Dal 2008/09 al 2019/20, le variazioni degli iscritti alle scuole di dottorato sono state : -30,27% le dottorande; -18,07% i dottorandi. Dal 2012 al 2019 le variazioni dei titolari di assegni di ricerca sono state: -10,85% le assegniste; -5,37% gli assegnisti. Decresce solo il sistema statale. Nelle università statali la variazione dei docenti/ricercatori è del –14,34% mentre in quelle non statali è del +47,21%. Gli spostamenti dal sistema pubblico a quello privato più significativi sono nelle scienze giuridiche, economiche, umane, politiche e sociali. Le variazioni degli iscritti dal 2010/2011 al 2019/2020 sono: –9,66% nelle università statali e +54,34% nelle università non statali. Il Sud e le Isole sono l’area geografica in cui lo spostamento degli equilibri a favore del sistema non statale è maggiore: nel 2010/2011, gli iscritti alle università non statali erano il 3,90% del totale dell’area; nel 2019/2020 sono l’11,77%. I rari andamenti positivi nelle università statali sono quasi tutti al Nord. Il Trentino Alto Adige è però l’unica regione del Paese in cui, nell’università pubblica, crescano sia docenti/ricercatori (+23,10%) che iscritti (+3,09%). La Sicilia è la regione che subisce le perdite più consistenti in tutto il Paese. Nei periodi presi in considerazione le università statali siciliane perdono il 29,49% dei docenti/ricercatori e il 29,20% degli iscritti. Molti gli abilitati, meno del 30% entrano in ruolo. Dal 2013 al 2020, le procedure di Abilitazione Scientifica Nazionale (ASN) con esito positivo sono state 26.919 alla prima fascia e 50.545 alla seconda fascia. Le prime hanno prodotto 5.975 professori ordinari (22,20%;); le seconde 16.136 professori associati (31,92% ). Fra i docenti/ricercatori in servizio circa il 54% degli abilitati alla prima fascia (valore assoluto 11.607) e il 24% degli abilitati alla seconda fascia (valore assoluto 9.392) sono sovraqualificati per il ruolo che ricoprono. I diversamente abilitati. Docenti/ricercatori, tutti egualmente abilitati da procedure unificate a livello nazionale, sono entrati in ruolo in misura maggiore o minore in Sedi diversamente collocate. Ad esempio, nel 2020, l’incidenza degli abilitati in ruolo (professori ordinari) sugli abilitati alla prima fascia in servizio è del 43,97% in Trentino Alto Adige e del 11,2% in Basilicata. Analogamente, donne e uomini sono egualmente abilitati ma, nel 2020, troviamo in ruolo solo il 29,41% del totale delle donne abilitate alla prima fascia, mentre troviamo in ruolo il 35,93% del totale degli uomini abilitati alla prima fascia. Precari abilitati ad alta probabilità di espulsione dal sistema della ricerca italiano. Nelle università italiane più di 1 docente su 3 è a contratto. I titolari di assegno di ricerca, dal 2012 al 2020, sono in media 14.787. Fuori dagli organici dell’università italiana troviamo il 15,66% degli abilitati alla prima fascia (v.a. 3.372) e il 33,19% degli abilitati alla seconda fascia (v.a. 13.156). Questo notevole numero di ricercatori e docenti ha come unica prospettiva di stabilizzazione un contratto da ricercatore a tempo determinato “di tipo B” (RTD-B). Ma, dal 2016 al 2019, la media dei contratti da RTD-B è stata di circa 1.385 all’anno. La maggior parte degli espulsi saranno donne. Fra i requisiti necessari per candidarsi per un contratto da RTD-B c’è quello di aver usufruito di assegni di ricerca per almeno 3 anni. Dal 2012 al 2019 la percentuale media di donne titolari di assegni di ricerca è del 50,52 (nel 2019 49,76%). Dal 2010 al 2020, la percentuale media di donne RTD-B è del 34,93 (nel 2020, 41,48%). Le variazioni del divario di genere. Nel 2008 le docenti/ricercatrici erano il 33,96% del totale. Dal 2008 al 2020 la decrescita degli uomini (-17,76%) e quella solo debolissima delle donne (-0,04%) porta le docenti/ricercatrici al 38,46% del totale. Dal 2008 al 2020 il numero delle donne in prima fascia (professori ordinari) è aumentato dello 0,5%, il numero degli uomini in prima fascia è diminuito del 31,2%. Nel 2008 le donne ordinario erano il 18,84%; nel 2020 sono il 25,33%. Il divario si è dunque assottigliato ma rimane di 49,34 punti percentuali.
2008-2020. Rapporto sull'università italiana
Napolitano Domenico
2021-01-01
Abstract
L’università decresce. Le variazioni percentuali: -11,74% docenti/ricercatori (2008 –2020); -24,52% dottorandi (2008/09 al 2019/20); –4,68% iscritti triennali e magistrali (2010/11 al 2019/20); -8,18% assegnisti di ricerca (2012-2019). L’università decresce diversamente per genere. Dal 2010/11 al 2019/20, le variazioni degli iscritti sono state: -6,80% le iscritte; -1,45% gli iscritti. Dal 2008/09 al 2019/20, le variazioni degli iscritti alle scuole di dottorato sono state : -30,27% le dottorande; -18,07% i dottorandi. Dal 2012 al 2019 le variazioni dei titolari di assegni di ricerca sono state: -10,85% le assegniste; -5,37% gli assegnisti. Decresce solo il sistema statale. Nelle università statali la variazione dei docenti/ricercatori è del –14,34% mentre in quelle non statali è del +47,21%. Gli spostamenti dal sistema pubblico a quello privato più significativi sono nelle scienze giuridiche, economiche, umane, politiche e sociali. Le variazioni degli iscritti dal 2010/2011 al 2019/2020 sono: –9,66% nelle università statali e +54,34% nelle università non statali. Il Sud e le Isole sono l’area geografica in cui lo spostamento degli equilibri a favore del sistema non statale è maggiore: nel 2010/2011, gli iscritti alle università non statali erano il 3,90% del totale dell’area; nel 2019/2020 sono l’11,77%. I rari andamenti positivi nelle università statali sono quasi tutti al Nord. Il Trentino Alto Adige è però l’unica regione del Paese in cui, nell’università pubblica, crescano sia docenti/ricercatori (+23,10%) che iscritti (+3,09%). La Sicilia è la regione che subisce le perdite più consistenti in tutto il Paese. Nei periodi presi in considerazione le università statali siciliane perdono il 29,49% dei docenti/ricercatori e il 29,20% degli iscritti. Molti gli abilitati, meno del 30% entrano in ruolo. Dal 2013 al 2020, le procedure di Abilitazione Scientifica Nazionale (ASN) con esito positivo sono state 26.919 alla prima fascia e 50.545 alla seconda fascia. Le prime hanno prodotto 5.975 professori ordinari (22,20%;); le seconde 16.136 professori associati (31,92% ). Fra i docenti/ricercatori in servizio circa il 54% degli abilitati alla prima fascia (valore assoluto 11.607) e il 24% degli abilitati alla seconda fascia (valore assoluto 9.392) sono sovraqualificati per il ruolo che ricoprono. I diversamente abilitati. Docenti/ricercatori, tutti egualmente abilitati da procedure unificate a livello nazionale, sono entrati in ruolo in misura maggiore o minore in Sedi diversamente collocate. Ad esempio, nel 2020, l’incidenza degli abilitati in ruolo (professori ordinari) sugli abilitati alla prima fascia in servizio è del 43,97% in Trentino Alto Adige e del 11,2% in Basilicata. Analogamente, donne e uomini sono egualmente abilitati ma, nel 2020, troviamo in ruolo solo il 29,41% del totale delle donne abilitate alla prima fascia, mentre troviamo in ruolo il 35,93% del totale degli uomini abilitati alla prima fascia. Precari abilitati ad alta probabilità di espulsione dal sistema della ricerca italiano. Nelle università italiane più di 1 docente su 3 è a contratto. I titolari di assegno di ricerca, dal 2012 al 2020, sono in media 14.787. Fuori dagli organici dell’università italiana troviamo il 15,66% degli abilitati alla prima fascia (v.a. 3.372) e il 33,19% degli abilitati alla seconda fascia (v.a. 13.156). Questo notevole numero di ricercatori e docenti ha come unica prospettiva di stabilizzazione un contratto da ricercatore a tempo determinato “di tipo B” (RTD-B). Ma, dal 2016 al 2019, la media dei contratti da RTD-B è stata di circa 1.385 all’anno. La maggior parte degli espulsi saranno donne. Fra i requisiti necessari per candidarsi per un contratto da RTD-B c’è quello di aver usufruito di assegni di ricerca per almeno 3 anni. Dal 2012 al 2019 la percentuale media di donne titolari di assegni di ricerca è del 50,52 (nel 2019 49,76%). Dal 2010 al 2020, la percentuale media di donne RTD-B è del 34,93 (nel 2020, 41,48%). Le variazioni del divario di genere. Nel 2008 le docenti/ricercatrici erano il 33,96% del totale. Dal 2008 al 2020 la decrescita degli uomini (-17,76%) e quella solo debolissima delle donne (-0,04%) porta le docenti/ricercatrici al 38,46% del totale. Dal 2008 al 2020 il numero delle donne in prima fascia (professori ordinari) è aumentato dello 0,5%, il numero degli uomini in prima fascia è diminuito del 31,2%. Nel 2008 le donne ordinario erano il 18,84%; nel 2020 sono il 25,33%. Il divario si è dunque assottigliato ma rimane di 49,34 punti percentuali.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.