L’interesse scientifico nei confronti del «contesto», sviluppatosi piuttosto di recente nel panorama della ricerca archeologica italiana, ha condizionato profondamente l’approccio dell’archeologo classico all’opera d’arte antica, segnando un importante passo in avanti negli studi di antichità. Nel caso dei monumenti scultorei la conoscenza del contesto di provenienza, nonché delle modalità di allestimento in antico, difficilmente si realizza, così tra le repliche del tipo noto come Doriforo, gli esemplari rinvenuti nel ginnasio di Messene e nella Palestra Sannitica di Pompei, proprio in virtù della loro certa collocazione topografica, offrono una straordinaria opportunità di studio, prestandosi a riflessioni di natura ideologica e culturale, oltre che stilistica. La storia degli studi lega a doppio filo le due repliche: la statua pompeiana, ottima nel suo stato di conservazione, ha spinto gli studiosi a tentare il riconoscimento del tipo (Doriforo prima, nudus telo incessens più di recente); la replica di Messene ha, invece, permesso l’identificazione del soggetto rappresentato. Pausania (IV, 32, 1), nel corso della sua visita al ginnasio di Messene, vide tre statue, opera di scultori alessandrini, raffiguranti Ermes, Eracle e Teseo. «Questi - nota il periegeta - sono collocati presso i ginnasi e nelle palestre, e sono onorati da tutti i Greci e ormai anche presso molti barbari». Gli scavi di Pétros Thémelis, come è noto, hanno portato alla luce nella stoá occidentale del ginnasio di Messene tre statue: le prime due rappresentano Eracle ed Ermes, mentre la terza è una replica marmorea di età augustea, del cosiddetto “Doriforo” di Policleto. L’esatta corrispondenza tra il dato archeologico e quello letterario indurrebbe a credere, quindi, che il personaggio da riconoscere nel tipo del “Doriforo” sia l’eroe attico Teseo, e non il tessalo Achille, come ipotizzato nel 1909 da Friedrich Hauser. La nuova ricostruzione proposta per il “Doriforo” quale giovane nudo armato di spada nella destra e scudo nella sinistra ben si accorda con il riconoscimento dell’eroe attico nell’archetipo statuario. La spada è, infatti, l’attributo specifico di Teseo, l’arma con la quale il giovane eroe supera gran parte delle sue prove iniziatiche, su tutte l’uccisione del Minotauro e la liberazione dei sette efebi e delle sette parthénoi ateniesi. E’ proprio l’impresa cretese che, più di altre, permette di cogliere con chiarezza il legame di Teseo con l’istituto iniziatico dell’efebia, con la segregazione rituale degli efebi nei ginnasi, con i riti di transizione che sancivano il passaggio dalla pubertà all’età adulta e la consequenziale integrazione a pieno titolo dei giovani nel corpo civico e militare. Come sostiene Petros Themelis, il “Doriforo” di Messene è stato eseguito durante l’ultima fase del principato di Augusto, in concomitanza con il revival dell’efebia e la costruzione del monumentale própylon dorico del ginnasio. All’età augustea risale con ogni probabilità anche l’avvio di una radicale ristrutturazione della Palestra Sannitica con conseguente dedica della nuova replica di “Doriforo”. La rivalorizzazione dell’antico edificio, un tempo legato alla vereiia pompeiana, sembra inserirsi nel quadro del programma di generale riassetto istituzionale promosso da Augusto, che a Pompei portò al recupero ideologico, oltre che strutturale, della sede locale della vereiia sannitica, ormai assimilata all’istituto latino della juventus. Innegabili interconnessioni si evidenziano, quindi, tra i contesti di realizzazione e collocazione delle due statue, quella pompeiana e quella messenica.

Premessa

FRANCIOSI, Vincenzo;
2013-01-01

Abstract

L’interesse scientifico nei confronti del «contesto», sviluppatosi piuttosto di recente nel panorama della ricerca archeologica italiana, ha condizionato profondamente l’approccio dell’archeologo classico all’opera d’arte antica, segnando un importante passo in avanti negli studi di antichità. Nel caso dei monumenti scultorei la conoscenza del contesto di provenienza, nonché delle modalità di allestimento in antico, difficilmente si realizza, così tra le repliche del tipo noto come Doriforo, gli esemplari rinvenuti nel ginnasio di Messene e nella Palestra Sannitica di Pompei, proprio in virtù della loro certa collocazione topografica, offrono una straordinaria opportunità di studio, prestandosi a riflessioni di natura ideologica e culturale, oltre che stilistica. La storia degli studi lega a doppio filo le due repliche: la statua pompeiana, ottima nel suo stato di conservazione, ha spinto gli studiosi a tentare il riconoscimento del tipo (Doriforo prima, nudus telo incessens più di recente); la replica di Messene ha, invece, permesso l’identificazione del soggetto rappresentato. Pausania (IV, 32, 1), nel corso della sua visita al ginnasio di Messene, vide tre statue, opera di scultori alessandrini, raffiguranti Ermes, Eracle e Teseo. «Questi - nota il periegeta - sono collocati presso i ginnasi e nelle palestre, e sono onorati da tutti i Greci e ormai anche presso molti barbari». Gli scavi di Pétros Thémelis, come è noto, hanno portato alla luce nella stoá occidentale del ginnasio di Messene tre statue: le prime due rappresentano Eracle ed Ermes, mentre la terza è una replica marmorea di età augustea, del cosiddetto “Doriforo” di Policleto. L’esatta corrispondenza tra il dato archeologico e quello letterario indurrebbe a credere, quindi, che il personaggio da riconoscere nel tipo del “Doriforo” sia l’eroe attico Teseo, e non il tessalo Achille, come ipotizzato nel 1909 da Friedrich Hauser. La nuova ricostruzione proposta per il “Doriforo” quale giovane nudo armato di spada nella destra e scudo nella sinistra ben si accorda con il riconoscimento dell’eroe attico nell’archetipo statuario. La spada è, infatti, l’attributo specifico di Teseo, l’arma con la quale il giovane eroe supera gran parte delle sue prove iniziatiche, su tutte l’uccisione del Minotauro e la liberazione dei sette efebi e delle sette parthénoi ateniesi. E’ proprio l’impresa cretese che, più di altre, permette di cogliere con chiarezza il legame di Teseo con l’istituto iniziatico dell’efebia, con la segregazione rituale degli efebi nei ginnasi, con i riti di transizione che sancivano il passaggio dalla pubertà all’età adulta e la consequenziale integrazione a pieno titolo dei giovani nel corpo civico e militare. Come sostiene Petros Themelis, il “Doriforo” di Messene è stato eseguito durante l’ultima fase del principato di Augusto, in concomitanza con il revival dell’efebia e la costruzione del monumentale própylon dorico del ginnasio. All’età augustea risale con ogni probabilità anche l’avvio di una radicale ristrutturazione della Palestra Sannitica con conseguente dedica della nuova replica di “Doriforo”. La rivalorizzazione dell’antico edificio, un tempo legato alla vereiia pompeiana, sembra inserirsi nel quadro del programma di generale riassetto istituzionale promosso da Augusto, che a Pompei portò al recupero ideologico, oltre che strutturale, della sede locale della vereiia sannitica, ormai assimilata all’istituto latino della juventus. Innegabili interconnessioni si evidenziano, quindi, tra i contesti di realizzazione e collocazione delle due statue, quella pompeiana e quella messenica.
2013
978-88-96055-52-6
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12570/3987
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