The paper introduces a research-intervention which traces the epistemic and methodological matrices to share them with a wider community and bring out the transformative dimension of educational action and training courses in prison. The proposed reflection is also an opportunity to orient to performative practices so that they mobilize the body as a space for Being, to reactivate its plastic and kinetic potential, and to rekindle the pedagogical tension of the Institutions that make it a living part and body of the educating community. What is presented is a reflection made gh the concrete actions and documentation produced by the work crew – involved in the Poggioreale prison in a selection and training orientation experience – and by the two groups of inmates participating in the path. A material with which to redefine training in a pedagogical sense, also or above all in the prison context, so that it is a process of awakening the vital impulse through which to redefine oneself and the world and get to work guided by an aesthetic morality, trained to welcome another feeling necessary for an ever new/other /different sculpture of Self

In pieno dibattito pubblico e istituzionale dedicato alla riforma della giustizia e al sistema penale, questo simposio vuole contribuire ad una riflessione epistemica e metodologica che recupera il pedagogico e il vivente come le categorie attraverso cui restituire senso al dispositivo della pena e riconoscerlo come spazioFormante. Un simposio che si fa occasione per lasciar traccia e condividere con una comunità più estesa l’attenzione alla dimensione trasformativa dell’agire educativo e dei percorsi formativi in carcere. La formazione è vista come la matrice stessa dello spazio carcerario, attraversato cioè dalla sua dimensione performativa che mobilita il corpo in azione come spazio dell’Essere, per riattivarne le potenzialità plastiche e cinetiche in chiave trasformativa, relazionale ed esistenziale, perché si riaccenda la tensione pedagogica delle Istituzioni che le fa parte viva e corpo della comunità educante. Con questa tensione si guarda al carcere come spazio fisico e sociale situato nel tessuto della polis, e alle esistenze dei detenuti come il corpus vivo e sensibile da riconnettere a quella polis e da ‘risvegliare’ nel potenziale trasformativo perché il carcere stesso possa essere quel nuovo ventre e ambiente rigenerativo nel quale fare altra esperienza, prendere e darsi nuova forma, rimetter mano alla propria esistenza. Un simposio attorno e dentro il carcere dove la pluralità degli sguardi dei diversi contributi che lo compongono prova a restituire la ricchezza di un mondo dal quale muovere in senso pedagogico un discorso pubblico sulla possibile riforma della giustizia e del sistema penale perché questa possa alimentarsi di quella sensibilità civica necessaria ad una nuova e urgente politica della cura. Sensibilità che fa dell’educazione l’anima e il senso stesso della giustizia in chiave sociale. In questa direzione, ho provato a costruire un simposio come concreta occasione di riflessione pubblica per riattraversare la specifica esperienza vissuta tra febbraio e luglio 2020 insieme al gruppo di ricerca ‘embodied education’ nel carcere di Poggioreale, con due gruppi di detenuti coinvolti in un percorso di selezione (per una successiva attività di formazione professionale). Un’esperienza che diventa occasione di riflessione tra saperi, istituzioni, architetture e pedagogie perché insieme si possa sconfinare e vedere sorgere il carcere in forma di ‘teatro’, e insieme, in scena e in azio- * Università degli Studi di Napoli Suor Orsola Benincasa. Civitas educationis, a. XI, n. 1, giugno 2022 • Mimesis Edizioni, Milano-Udine Web: universitypress.unisob.na.it/ojs/index.php/civitaseducationis • ISSN (online): 2281-9568 • ISBN: 9788857597386 • DOI: 10.7413/2281-9568033 © 2022 – MIM EDIZIONI SRL. This is an open access article distributed under the terms of the Creative Commons Attribution License (CC-BY-4.0). Civitas educationis – Education, 22 Politics and Culture ne, sperimentarsi per ritrovare in quello spazio fatto cavo la profondità e la sacralità, insieme alla fatica, del mettersi all’opera per una Vita Nova. La riflessione epistemica e metodologica chiama in gioco le vite e le storie confinate nella reclusione perché queste possano aprirsi ad una trasfigurazione e la reclusione stessa farsi passaggio, attraversamento, paesaggio ‘straniante’ da cui vedere sorgere grano e allenare la mano perché quello diventi pane e cerchi di nutrire un altro sguardo, un altro volto, un altro possibile Sé cui dar forma. Il respiro pedagogico dell’analisi dei miei scritti, lo sguardo clinico di Francesco Cappa e Jole Orsenigo, il progetto architettonico come pratica politica di Marella Santangelo (anche nel suo ruolo di membro del Tavolo 1 degli Stati Generali dell’Esecuzione Penale istituto dal Ministero della Giustizia) preparano il terreno ad una nuova figurazione che fa spazio alla dimensione etica e poetica necessaria a dare spinta e sostanza al fare formazione in carcere. Per questo, nell’insieme, rintracciamo come ‘pratiche maestre’ il training e l’arte performativa di Alessandra Asuni, e quella plastica scultorea di Christian Leperino, e incontriamo la visione del film Ariaferma di Leonardo Di Costanzo attraversandone la sceneggiatura e sperimentando la produzione di un meta-testo che aiuti a interrogare spazi, persone, azioni, perché contribuiscano ad una simbolica trasfigurativa che aiuti a produrre un immaginario e un’attenzione differente da rivolgere alla geografia carceraria. Una simbolica che utilizza la conversazione tra Loredana Perissinotto e Carlo Berdini in senso drammaturgico più universale perché, da protagonisti l’una del Teatro di Comunità l’altro della direzione carceraria, possano trovare nelle storie e nei profili tracciati dallo sguardo clinico di Dario Aquilina dei partecipanti al percorso a Poggioreale, un’eco che porta con sé la spinta etica e poetica e smuove tutto il simposio perché origini altra ricerca e tanto altro accadere pedagogico. E proprio nel segno della ricerca, lungo tutto il simposio, ci sono tracce dei materiali fotografici, crono-fotografici e video 3D raccolti da Matteo Vinti e Nicola Gabriele nel lavoro di ricerca-intervento a Poggioreale del gruppo ‘embodied education’. Una ricerca che sa di incontrare tante altre preziose esperienze. Tra queste, e solo come ‘segno’ di un universo difficile da mappare, quella di Anna Gesualdi e Giovanni Trono con il loro TeatrInGestazione portato da anni negli ospedali psichiatrici giudiziari e nelle carceri; e quello di Matteo Fraterno sul muro del carcere dell’Ucciardone a Palermo. Quel muro, e le immagini del lavoro di frottage di Matteo Fraterno nell’aprile 2022, può essere l’immagine da cui ripartire per sentire le mura carcerarie come una pelle, come quel dispositivo che proviamo a scalfire o da cui ci facciamo segnare, proprio come nel gesto del frottage, per provare a ridurre le distanze e sentirci tutti un unico corpo sociale. Prologo fuori-classe. Plastica e simbolica pedagogica del metter mano al sé1 Maria D’Ambrosio* Riassunto Lo scritto introduce ad una ricerca-intervento di cui si ripercorrono le matrici epistemiche e metodologiche per condividerle con una comunità più estesa e far emergere la dimensione trasformativa dell’agire educativo e dei percorsi formativi in carcere. La riflessione proposta è anche occasione per orientare alle pratiche performative perchè mobilitino il corpo come spazio dell’Essere, per riattivarne le potenzialità plastiche e cinetiche, e perché si riaccenda la tensione pedagogica delle Istituzioni che le fa parte viva e corpo della comunità educante. Quella che si presenta è una riflessione fatta attraverso le azioni concrete e la documentazione prodotta dall’équìpe di lavoro – coinvolta nel carcere di Poggioreale in una esperienza di selezione e orientamento formativo – e dai due gruppi di detenuti partecipanti al percorso. Materiale con cui risignificare in senso pedagogico la formazione, anche o soprattutto nel contesto carcerario, perché sia processo di risveglio dello slancio vitale attraverso cui risignificare se stessi e il mondo e mettersi all’opera guidati da una morale estetica, allenati ad accogliere un altro sentire necessario ad una sempre nuova/altra/differente scultura di Sé.

Scultura del sé. La ricerca di ‘embodied education’ a Poggioreale per una pedagogia dell’azione trasformativa, Simposio - Civitas Educationis, n°1/2022, Milano, Mimesis.

Maria D'Ambrosio
2022-01-01

Abstract

The paper introduces a research-intervention which traces the epistemic and methodological matrices to share them with a wider community and bring out the transformative dimension of educational action and training courses in prison. The proposed reflection is also an opportunity to orient to performative practices so that they mobilize the body as a space for Being, to reactivate its plastic and kinetic potential, and to rekindle the pedagogical tension of the Institutions that make it a living part and body of the educating community. What is presented is a reflection made gh the concrete actions and documentation produced by the work crew – involved in the Poggioreale prison in a selection and training orientation experience – and by the two groups of inmates participating in the path. A material with which to redefine training in a pedagogical sense, also or above all in the prison context, so that it is a process of awakening the vital impulse through which to redefine oneself and the world and get to work guided by an aesthetic morality, trained to welcome another feeling necessary for an ever new/other /different sculpture of Self
2022
9788857597386
In pieno dibattito pubblico e istituzionale dedicato alla riforma della giustizia e al sistema penale, questo simposio vuole contribuire ad una riflessione epistemica e metodologica che recupera il pedagogico e il vivente come le categorie attraverso cui restituire senso al dispositivo della pena e riconoscerlo come spazioFormante. Un simposio che si fa occasione per lasciar traccia e condividere con una comunità più estesa l’attenzione alla dimensione trasformativa dell’agire educativo e dei percorsi formativi in carcere. La formazione è vista come la matrice stessa dello spazio carcerario, attraversato cioè dalla sua dimensione performativa che mobilita il corpo in azione come spazio dell’Essere, per riattivarne le potenzialità plastiche e cinetiche in chiave trasformativa, relazionale ed esistenziale, perché si riaccenda la tensione pedagogica delle Istituzioni che le fa parte viva e corpo della comunità educante. Con questa tensione si guarda al carcere come spazio fisico e sociale situato nel tessuto della polis, e alle esistenze dei detenuti come il corpus vivo e sensibile da riconnettere a quella polis e da ‘risvegliare’ nel potenziale trasformativo perché il carcere stesso possa essere quel nuovo ventre e ambiente rigenerativo nel quale fare altra esperienza, prendere e darsi nuova forma, rimetter mano alla propria esistenza. Un simposio attorno e dentro il carcere dove la pluralità degli sguardi dei diversi contributi che lo compongono prova a restituire la ricchezza di un mondo dal quale muovere in senso pedagogico un discorso pubblico sulla possibile riforma della giustizia e del sistema penale perché questa possa alimentarsi di quella sensibilità civica necessaria ad una nuova e urgente politica della cura. Sensibilità che fa dell’educazione l’anima e il senso stesso della giustizia in chiave sociale. In questa direzione, ho provato a costruire un simposio come concreta occasione di riflessione pubblica per riattraversare la specifica esperienza vissuta tra febbraio e luglio 2020 insieme al gruppo di ricerca ‘embodied education’ nel carcere di Poggioreale, con due gruppi di detenuti coinvolti in un percorso di selezione (per una successiva attività di formazione professionale). Un’esperienza che diventa occasione di riflessione tra saperi, istituzioni, architetture e pedagogie perché insieme si possa sconfinare e vedere sorgere il carcere in forma di ‘teatro’, e insieme, in scena e in azio- * Università degli Studi di Napoli Suor Orsola Benincasa. Civitas educationis, a. XI, n. 1, giugno 2022 • Mimesis Edizioni, Milano-Udine Web: universitypress.unisob.na.it/ojs/index.php/civitaseducationis • ISSN (online): 2281-9568 • ISBN: 9788857597386 • DOI: 10.7413/2281-9568033 © 2022 – MIM EDIZIONI SRL. This is an open access article distributed under the terms of the Creative Commons Attribution License (CC-BY-4.0). Civitas educationis – Education, 22 Politics and Culture ne, sperimentarsi per ritrovare in quello spazio fatto cavo la profondità e la sacralità, insieme alla fatica, del mettersi all’opera per una Vita Nova. La riflessione epistemica e metodologica chiama in gioco le vite e le storie confinate nella reclusione perché queste possano aprirsi ad una trasfigurazione e la reclusione stessa farsi passaggio, attraversamento, paesaggio ‘straniante’ da cui vedere sorgere grano e allenare la mano perché quello diventi pane e cerchi di nutrire un altro sguardo, un altro volto, un altro possibile Sé cui dar forma. Il respiro pedagogico dell’analisi dei miei scritti, lo sguardo clinico di Francesco Cappa e Jole Orsenigo, il progetto architettonico come pratica politica di Marella Santangelo (anche nel suo ruolo di membro del Tavolo 1 degli Stati Generali dell’Esecuzione Penale istituto dal Ministero della Giustizia) preparano il terreno ad una nuova figurazione che fa spazio alla dimensione etica e poetica necessaria a dare spinta e sostanza al fare formazione in carcere. Per questo, nell’insieme, rintracciamo come ‘pratiche maestre’ il training e l’arte performativa di Alessandra Asuni, e quella plastica scultorea di Christian Leperino, e incontriamo la visione del film Ariaferma di Leonardo Di Costanzo attraversandone la sceneggiatura e sperimentando la produzione di un meta-testo che aiuti a interrogare spazi, persone, azioni, perché contribuiscano ad una simbolica trasfigurativa che aiuti a produrre un immaginario e un’attenzione differente da rivolgere alla geografia carceraria. Una simbolica che utilizza la conversazione tra Loredana Perissinotto e Carlo Berdini in senso drammaturgico più universale perché, da protagonisti l’una del Teatro di Comunità l’altro della direzione carceraria, possano trovare nelle storie e nei profili tracciati dallo sguardo clinico di Dario Aquilina dei partecipanti al percorso a Poggioreale, un’eco che porta con sé la spinta etica e poetica e smuove tutto il simposio perché origini altra ricerca e tanto altro accadere pedagogico. E proprio nel segno della ricerca, lungo tutto il simposio, ci sono tracce dei materiali fotografici, crono-fotografici e video 3D raccolti da Matteo Vinti e Nicola Gabriele nel lavoro di ricerca-intervento a Poggioreale del gruppo ‘embodied education’. Una ricerca che sa di incontrare tante altre preziose esperienze. Tra queste, e solo come ‘segno’ di un universo difficile da mappare, quella di Anna Gesualdi e Giovanni Trono con il loro TeatrInGestazione portato da anni negli ospedali psichiatrici giudiziari e nelle carceri; e quello di Matteo Fraterno sul muro del carcere dell’Ucciardone a Palermo. Quel muro, e le immagini del lavoro di frottage di Matteo Fraterno nell’aprile 2022, può essere l’immagine da cui ripartire per sentire le mura carcerarie come una pelle, come quel dispositivo che proviamo a scalfire o da cui ci facciamo segnare, proprio come nel gesto del frottage, per provare a ridurre le distanze e sentirci tutti un unico corpo sociale. Prologo fuori-classe. Plastica e simbolica pedagogica del metter mano al sé1 Maria D’Ambrosio* Riassunto Lo scritto introduce ad una ricerca-intervento di cui si ripercorrono le matrici epistemiche e metodologiche per condividerle con una comunità più estesa e far emergere la dimensione trasformativa dell’agire educativo e dei percorsi formativi in carcere. La riflessione proposta è anche occasione per orientare alle pratiche performative perchè mobilitino il corpo come spazio dell’Essere, per riattivarne le potenzialità plastiche e cinetiche, e perché si riaccenda la tensione pedagogica delle Istituzioni che le fa parte viva e corpo della comunità educante. Quella che si presenta è una riflessione fatta attraverso le azioni concrete e la documentazione prodotta dall’équìpe di lavoro – coinvolta nel carcere di Poggioreale in una esperienza di selezione e orientamento formativo – e dai due gruppi di detenuti partecipanti al percorso. Materiale con cui risignificare in senso pedagogico la formazione, anche o soprattutto nel contesto carcerario, perché sia processo di risveglio dello slancio vitale attraverso cui risignificare se stessi e il mondo e mettersi all’opera guidati da una morale estetica, allenati ad accogliere un altro sentire necessario ad una sempre nuova/altra/differente scultura di Sé.
Performative practices, pedagogy of feeling, embodied methodology, aesthetic morality, Self-sculpture
Pratiche performative, pedagogia del sentire, metodologia incarnata, morale estetica, scultura del Sé
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12570/43713
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