Il volume focalizza l’attenzione sull’intimo legame che connette la pedagogia alla politica, individuando nella storia dell’educazione quei momenti paradigmatici che esaltano la connotazione politica della pedagogia. La ricerca delle radici conduce in Grecia, in particolare ad Atene nel V secolo. L’Atene di Pericle, che fu la più alta espressione dei valori civili e della capacità plasmatrice della polis, la prima comunità educativa ante litteram, all’interno della quale si consolida una forma di democrazia diretta, partecipativa, che ha in sé una forte valenza pedagogica, in quanto l’educazione vi è intesa come sviluppo delle qualità morali, del senso di responsabilità civile, della condivisione cosciente e consapevole con i problemi di vita e di esistenza della comunità, tanto che Pericle nell’Epitafio ebbe ad affermare che è giusto considerare «chiunque non partecipi alla vita del cittadino non come uno che pensa ai propri affari ma come un individuo inutile». Il lavoro dell’autore, dopo l’esame attento dei punti nodali della educazione, che va dall’Ellenismo alla fine del Medio Evo, dove essa era relegata ad un ambito strettamente privato, fa riemergere lentamente la dimensione pubblica dell’educazione, che diventa centrale nel corso del Settecento, quando si delinea, con J.J. Rousseau e E. Kant un paradigma socio-politico della pedagogia che si consolida, poi, nel corso del Novecento, laddove modelli più organici si riscontrano nel pensiero, prima, di Hegel, che pone al centro del discorso pedagogico l’aspetto sociale dell’educazione, e in Marx, poi, che ne mette in risalto l’aspetto politico, assegnando alla pedagogia un ruolo strategico in un progetto di rinnovamento culturale e civile. Il successivo step si avvicina, infine, alla nostra epoca, al periodo antecedente il Secondo conflitto mondiale quando il panorama culturale del Paese diventa teatro di uno scontro-confronto culturale-politico-filosofico-educativo tra due posizioni pedagogiche in antitesi tra loro: quella di Giovanni Gentile, che elabora un progetto di educazione nazionale teso alla edificazione di uno Stato etico, e quella di Antonio Gramsci, nel cui pensiero emerge limpidamente una pedagogia dell’impegno volta all’emancipazione delle classi popolari mediante la diffusione della cultura e l’acquisizione della consapevolezza, da parte di ciascuno, dei diritti civili e politici. Il volume individua, inoltre, la Resistenza e la Ricostruzione come momenti straordinari per la storia del Paese, che danno nuova linfa alla pedagogia accentuandone la declinazione sociale, e quindi politica; l’opposizione al fascismo prima e la volontà di ricostruire un Paese lacerato sul piano morale e distrutto sul piano materiale poi, aprono nel dibattito pedagogico un filone volto all’impegno civile, in prima linea nella battaglia per l’alfabetizzazione di massa e per la formazione di una nuova coscienza democratica. Infine, la dimensione politica della pedagogia anima il confronto culturale nell’Italia della guerra fredda in cui laici, marxisti e cattolici propongono modelli educativi espressi da concezioni ideologiche diverse, alimentando un confronto anche aspro, ma certamente vivificante per il sapere pedagogico che si struttura così come ambito culturale plurale, capace di ricavare dalla dialettica delle idee un arricchimento in termini di esercizio della democrazia e l’apertura a punti di vista inesplorati. Il testo poi, prendendo atto dell’attuale disinteresse dei cittadini nei confronti della sfera pubblica e, nel contempo, della crisi delle istituzioni, riflette sulla necessità di aprire un dibattito serrato sul rapporto pedagogia-politica, ipotizzando nuove forme di educazione alla politica, intesa anche come educazione alla cittadinanza e alla vita democratica.

PER UNA PEDAGOGIA DELLA POLITICA

SIRIGNANO, Fabrizio Manuel
2007-01-01

Abstract

Il volume focalizza l’attenzione sull’intimo legame che connette la pedagogia alla politica, individuando nella storia dell’educazione quei momenti paradigmatici che esaltano la connotazione politica della pedagogia. La ricerca delle radici conduce in Grecia, in particolare ad Atene nel V secolo. L’Atene di Pericle, che fu la più alta espressione dei valori civili e della capacità plasmatrice della polis, la prima comunità educativa ante litteram, all’interno della quale si consolida una forma di democrazia diretta, partecipativa, che ha in sé una forte valenza pedagogica, in quanto l’educazione vi è intesa come sviluppo delle qualità morali, del senso di responsabilità civile, della condivisione cosciente e consapevole con i problemi di vita e di esistenza della comunità, tanto che Pericle nell’Epitafio ebbe ad affermare che è giusto considerare «chiunque non partecipi alla vita del cittadino non come uno che pensa ai propri affari ma come un individuo inutile». Il lavoro dell’autore, dopo l’esame attento dei punti nodali della educazione, che va dall’Ellenismo alla fine del Medio Evo, dove essa era relegata ad un ambito strettamente privato, fa riemergere lentamente la dimensione pubblica dell’educazione, che diventa centrale nel corso del Settecento, quando si delinea, con J.J. Rousseau e E. Kant un paradigma socio-politico della pedagogia che si consolida, poi, nel corso del Novecento, laddove modelli più organici si riscontrano nel pensiero, prima, di Hegel, che pone al centro del discorso pedagogico l’aspetto sociale dell’educazione, e in Marx, poi, che ne mette in risalto l’aspetto politico, assegnando alla pedagogia un ruolo strategico in un progetto di rinnovamento culturale e civile. Il successivo step si avvicina, infine, alla nostra epoca, al periodo antecedente il Secondo conflitto mondiale quando il panorama culturale del Paese diventa teatro di uno scontro-confronto culturale-politico-filosofico-educativo tra due posizioni pedagogiche in antitesi tra loro: quella di Giovanni Gentile, che elabora un progetto di educazione nazionale teso alla edificazione di uno Stato etico, e quella di Antonio Gramsci, nel cui pensiero emerge limpidamente una pedagogia dell’impegno volta all’emancipazione delle classi popolari mediante la diffusione della cultura e l’acquisizione della consapevolezza, da parte di ciascuno, dei diritti civili e politici. Il volume individua, inoltre, la Resistenza e la Ricostruzione come momenti straordinari per la storia del Paese, che danno nuova linfa alla pedagogia accentuandone la declinazione sociale, e quindi politica; l’opposizione al fascismo prima e la volontà di ricostruire un Paese lacerato sul piano morale e distrutto sul piano materiale poi, aprono nel dibattito pedagogico un filone volto all’impegno civile, in prima linea nella battaglia per l’alfabetizzazione di massa e per la formazione di una nuova coscienza democratica. Infine, la dimensione politica della pedagogia anima il confronto culturale nell’Italia della guerra fredda in cui laici, marxisti e cattolici propongono modelli educativi espressi da concezioni ideologiche diverse, alimentando un confronto anche aspro, ma certamente vivificante per il sapere pedagogico che si struttura così come ambito culturale plurale, capace di ricavare dalla dialettica delle idee un arricchimento in termini di esercizio della democrazia e l’apertura a punti di vista inesplorati. Il testo poi, prendendo atto dell’attuale disinteresse dei cittadini nei confronti della sfera pubblica e, nel contempo, della crisi delle istituzioni, riflette sulla necessità di aprire un dibattito serrato sul rapporto pedagogia-politica, ipotizzando nuove forme di educazione alla politica, intesa anche come educazione alla cittadinanza e alla vita democratica.
2007
9788835959885
PEDAGOGIA POLITICA; CITTADINANZA; EDUCAZIONE SOCIALE; ANTIFASCISMO
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12570/5006
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