I numerosi interventi normativi intervenuti negli ultimi anni in materia di imposizione indiretta hanno contribuito a rendere l’applicazione del principio di alternatività incerta e carente sotto un profilo sistematico. L’alternatività costituisce, uno strumento di tecnica legislativa, che dovrebbe assicurare simmetria e coerenza alla tassazione, evitando fenomeni di doppia imposizione e di interferenza tra Iva e imposta di registro. La ratiodel principio può essere ricostruita sia attraverso l’analisi del principio generale di divieto di doppia imposizione, sia attraverso dell’art. 401 della direttiva 2006/112/CE. Detto divieto pur non trovando espressa previsione nella Costituzione è un principio generale che costituisce una specificazione del principio di capacità contributiva cui è possibile derogare. Una normativa che conduca ad una doppia imposizione sarebbe costituzionalmente illegittima per violazione, anche se in via mediata, attraverso una legge ordinaria, dell’art. 53 Cost. L’art. 40 del d.pr. 131/86 deve, quindi, essere riletto e reinterpretato sotto un profilo teorico quale norma portatrice di un principio generale e non come una mera norma programmatica, rango cui sembrava essere stata “ridimensionata” a seguito delle reiterate modifiche legislative. Il principio di alternatività deve poi essere interpretato anche alla luce dei principi europei. L’art. 401 della direttiva 2006/112/CE (ex art. 33 della sesta direttiva Iva ) prevede il divieto di introduzione di ulteriori imposizioni che per loro natura siano assimilabili alle imposte sulle cifre di affari di cui fa parte l’Iva. L’imposta di registro, sebbene tecnicamente non presenti le medesime caratteristiche dell’Iva e non determini una duplicazione d’imposta in senso stretto, può comunque causare situazioni confliggenti tra le due imposte che hanno il medesimo presupposto (o oggetto) e gli stessi soggetti passivi. Se la finalità perseguita dalla direttiva è la corretta applicazione dell’Iva con prevalenza su altri tributi aventi analoghe caratteristiche, l’imposta di registro interferendo con l’Iva determinerà comunque un contrasto con il precetto contenuto nell’art. 401 della direttiva 2006/112/ CE, anche se ciò non significa, che sempre e necessariamente, l’imposta di registro dovrà soccombere per far prevalere l’applicazione dell’Iva, poiché la direttiva lascia ampi spazi alla sua non applicazione. Alla luce della ricostruzione effettuata basata sulla duplice ratio dell’alternatività, il principio ha come finalità non solo quello di evitare la doppia imposizione, ma anche quello di evitare interferenze tra le due imposte in relazione alla medesima operazione. A tal fine lo studio si è soffermato sull’evoluzione dei rapporti tra ordinamento comunitario ed interno, sull’efficacia dei controlimiti ed sul primato del diritto comunitario. L’alternatività ha trovato, però, nel corso degli ultimi anni, a seguito dei ripetuti interventi legislativi, una sorta di attenuazione che ha ridotto l’ambito applicativo dell’Iva normalmente neutrale e incrementato, invece, l’applicazione dell’imposta di registro. Attualmente la verifica dell’effettiva applicazione del principio di alternatività, anche a seguito del decreto sviluppo d.l 22 giugno 2012 n. 83, convertito in l. 7 agosto 2012 n. 134, che ha introdotto una diversa modalità di applicazione delle imposte attraverso un sistema prevalentemente opzionale, appare molto più complessa. La studio si è, quindi, soffermato sulla ricerca di elementi sistematici cui ricondurre le scelte del legislatore in relazione all’applicazione dell’Iva o dell’imposta di registro. L’analisi delle fattispecie maggiormente ricorrenti quali ad esempio la cessione di azienda, le cessioni effettuate da enti pubblici, l’affitto di azienda e del regime della fiscalità immobiliare ha cercato di individuare quale presupposto possa costituire la linea guida ai fini della corretta individuazione dell’applicazione dell’Iva o dell’imposta di registro . L’interferenza tra l’Iva e l’imposta di registro può essere risolta, come evidenziato nei casi esaminati quali ad esempio la cessione di azienda o cessione frazionata di singoli beni, la cessione di beni da parte di enti pubblici, la cessione di terreni agricoli o edificabili, attraverso la corretta qualificazione dell’operazione e del presupposto soggettivo che, sebbene strettamente connesso con quello oggettivo,può costituire una soluzione interpretativa per risolvere ipossibili contrasti in relazione all’applicazione dell’imposta realmente dovuta. In altri casi il fenomeno dell’interferenza si manifesta con maggior evidenza in presenza di deroghe al principio di alternatività, ricorrenti soprattutto nel settore della fiscalità immobiliare. La corretta applicazione del principio di alternatività-secondo la sua duplice natura di divieto di doppia imposizione e divieto di ulteriore imposizione rispetto all’Iva ai sensi dell’art. 401 della direttiva 2006/212/CE- può essere individuata, alla luce della disamina effettuata, nel principio di non interferenza quale fondamento sovranazionale del principio di alternatività tra Iva e registro; le possibili soluzioni vanno individuate attraverso la corretta qualificazione degli atti o la disapplicazione della norma interna in contrasto con la direttiva comunitaria.
Il principio di alternatività tra imposta sul valore aggiunto e imposta di registro
NASTRI, Maria Pia
2012-01-01
Abstract
I numerosi interventi normativi intervenuti negli ultimi anni in materia di imposizione indiretta hanno contribuito a rendere l’applicazione del principio di alternatività incerta e carente sotto un profilo sistematico. L’alternatività costituisce, uno strumento di tecnica legislativa, che dovrebbe assicurare simmetria e coerenza alla tassazione, evitando fenomeni di doppia imposizione e di interferenza tra Iva e imposta di registro. La ratiodel principio può essere ricostruita sia attraverso l’analisi del principio generale di divieto di doppia imposizione, sia attraverso dell’art. 401 della direttiva 2006/112/CE. Detto divieto pur non trovando espressa previsione nella Costituzione è un principio generale che costituisce una specificazione del principio di capacità contributiva cui è possibile derogare. Una normativa che conduca ad una doppia imposizione sarebbe costituzionalmente illegittima per violazione, anche se in via mediata, attraverso una legge ordinaria, dell’art. 53 Cost. L’art. 40 del d.pr. 131/86 deve, quindi, essere riletto e reinterpretato sotto un profilo teorico quale norma portatrice di un principio generale e non come una mera norma programmatica, rango cui sembrava essere stata “ridimensionata” a seguito delle reiterate modifiche legislative. Il principio di alternatività deve poi essere interpretato anche alla luce dei principi europei. L’art. 401 della direttiva 2006/112/CE (ex art. 33 della sesta direttiva Iva ) prevede il divieto di introduzione di ulteriori imposizioni che per loro natura siano assimilabili alle imposte sulle cifre di affari di cui fa parte l’Iva. L’imposta di registro, sebbene tecnicamente non presenti le medesime caratteristiche dell’Iva e non determini una duplicazione d’imposta in senso stretto, può comunque causare situazioni confliggenti tra le due imposte che hanno il medesimo presupposto (o oggetto) e gli stessi soggetti passivi. Se la finalità perseguita dalla direttiva è la corretta applicazione dell’Iva con prevalenza su altri tributi aventi analoghe caratteristiche, l’imposta di registro interferendo con l’Iva determinerà comunque un contrasto con il precetto contenuto nell’art. 401 della direttiva 2006/112/ CE, anche se ciò non significa, che sempre e necessariamente, l’imposta di registro dovrà soccombere per far prevalere l’applicazione dell’Iva, poiché la direttiva lascia ampi spazi alla sua non applicazione. Alla luce della ricostruzione effettuata basata sulla duplice ratio dell’alternatività, il principio ha come finalità non solo quello di evitare la doppia imposizione, ma anche quello di evitare interferenze tra le due imposte in relazione alla medesima operazione. A tal fine lo studio si è soffermato sull’evoluzione dei rapporti tra ordinamento comunitario ed interno, sull’efficacia dei controlimiti ed sul primato del diritto comunitario. L’alternatività ha trovato, però, nel corso degli ultimi anni, a seguito dei ripetuti interventi legislativi, una sorta di attenuazione che ha ridotto l’ambito applicativo dell’Iva normalmente neutrale e incrementato, invece, l’applicazione dell’imposta di registro. Attualmente la verifica dell’effettiva applicazione del principio di alternatività, anche a seguito del decreto sviluppo d.l 22 giugno 2012 n. 83, convertito in l. 7 agosto 2012 n. 134, che ha introdotto una diversa modalità di applicazione delle imposte attraverso un sistema prevalentemente opzionale, appare molto più complessa. La studio si è, quindi, soffermato sulla ricerca di elementi sistematici cui ricondurre le scelte del legislatore in relazione all’applicazione dell’Iva o dell’imposta di registro. L’analisi delle fattispecie maggiormente ricorrenti quali ad esempio la cessione di azienda, le cessioni effettuate da enti pubblici, l’affitto di azienda e del regime della fiscalità immobiliare ha cercato di individuare quale presupposto possa costituire la linea guida ai fini della corretta individuazione dell’applicazione dell’Iva o dell’imposta di registro . L’interferenza tra l’Iva e l’imposta di registro può essere risolta, come evidenziato nei casi esaminati quali ad esempio la cessione di azienda o cessione frazionata di singoli beni, la cessione di beni da parte di enti pubblici, la cessione di terreni agricoli o edificabili, attraverso la corretta qualificazione dell’operazione e del presupposto soggettivo che, sebbene strettamente connesso con quello oggettivo,può costituire una soluzione interpretativa per risolvere ipossibili contrasti in relazione all’applicazione dell’imposta realmente dovuta. In altri casi il fenomeno dell’interferenza si manifesta con maggior evidenza in presenza di deroghe al principio di alternatività, ricorrenti soprattutto nel settore della fiscalità immobiliare. La corretta applicazione del principio di alternatività-secondo la sua duplice natura di divieto di doppia imposizione e divieto di ulteriore imposizione rispetto all’Iva ai sensi dell’art. 401 della direttiva 2006/212/CE- può essere individuata, alla luce della disamina effettuata, nel principio di non interferenza quale fondamento sovranazionale del principio di alternatività tra Iva e registro; le possibili soluzioni vanno individuate attraverso la corretta qualificazione degli atti o la disapplicazione della norma interna in contrasto con la direttiva comunitaria.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.