A partire dal tardo autunno del 2007, la città di Napoli e il vasto territorio che la circonda – dalle immense periferie urbane, alle sterminate distese cerealicole che confinano con la Puglia – hanno ripreso a bruciare. Una lunga serie di rivolte – spesso assai dure, quasi sempre disperate – ha opposto per mesi le popolazioni ai vari piani di localizzazione delle discariche per i rifiuti predisposti dalle autorità sull’onda dell’emergenza rifiuti. Era dai primi anni Ottanta, dai giorni dei violenti scontri urbani che seguirono al terremoto, che il fumo acre della città aveva smesso di filtrare nelle redazioni climatizzate dei media nazionali. Entro quali piani dell’interazione sociale e politica si sono prodotte le condizioni di possibilità delle rivolte? Territorio e popolazione costituiscono il tradizionale campo d’esercizio del potere moderno, come riperimetrazione incessante dell’uno e dell’altra, margine in perenne movimento. Nel caso campano, il punto di crisi è precisamente quello nel quale la gestione spaziale dei rifiuti, fatalmente, incontra la gestione speciale delle popolazioni. Biopolitica alla stato puro, sull’uno e sull’altro fronte delle barricate costituite dalla “monnezza”. La ricerca, condotta dal gruppo URiT e coordinata dall’autore che è anche il curatore del volume, è incentrata soprattutto sulla narrazione etnografica delle lotte contro le discariche in Campania attraverso il racconto in presa diretta delle donne e degli uomini che ne sono stati protagonisti e costituisce al contempo una riflessione a più voci sui movimenti popolari e sulle resistenze possibili al tempo della biopolitica e dell’emergenza come tecnologie di governo. Il saggio in questione ne riassume gli esiti, offrendo una decostruzione degli apparati discorsivi che hanno accompagnato la narrazione dei fatti nel dibattito pubblico e mediatico e insieme una riflessione sul preoccupante diffondersi di procedure “emergenziali” e pratiche “commissariali” all’interno dei meccanismi di decisione delle democrazie contemporanee. In tale chiave i movimenti sono letti essenzialmente come “movimenti di parola”, nella prospettiva di riscoperta della parresia e della politica come dunasteia operata dall’ultimo Foucault.

Le urla e il silenzio. Depoliticizzazione dei conflitti e parresia nella Campania tardo-liberale

PETRILLO, Antonio
2009-01-01

Abstract

A partire dal tardo autunno del 2007, la città di Napoli e il vasto territorio che la circonda – dalle immense periferie urbane, alle sterminate distese cerealicole che confinano con la Puglia – hanno ripreso a bruciare. Una lunga serie di rivolte – spesso assai dure, quasi sempre disperate – ha opposto per mesi le popolazioni ai vari piani di localizzazione delle discariche per i rifiuti predisposti dalle autorità sull’onda dell’emergenza rifiuti. Era dai primi anni Ottanta, dai giorni dei violenti scontri urbani che seguirono al terremoto, che il fumo acre della città aveva smesso di filtrare nelle redazioni climatizzate dei media nazionali. Entro quali piani dell’interazione sociale e politica si sono prodotte le condizioni di possibilità delle rivolte? Territorio e popolazione costituiscono il tradizionale campo d’esercizio del potere moderno, come riperimetrazione incessante dell’uno e dell’altra, margine in perenne movimento. Nel caso campano, il punto di crisi è precisamente quello nel quale la gestione spaziale dei rifiuti, fatalmente, incontra la gestione speciale delle popolazioni. Biopolitica alla stato puro, sull’uno e sull’altro fronte delle barricate costituite dalla “monnezza”. La ricerca, condotta dal gruppo URiT e coordinata dall’autore che è anche il curatore del volume, è incentrata soprattutto sulla narrazione etnografica delle lotte contro le discariche in Campania attraverso il racconto in presa diretta delle donne e degli uomini che ne sono stati protagonisti e costituisce al contempo una riflessione a più voci sui movimenti popolari e sulle resistenze possibili al tempo della biopolitica e dell’emergenza come tecnologie di governo. Il saggio in questione ne riassume gli esiti, offrendo una decostruzione degli apparati discorsivi che hanno accompagnato la narrazione dei fatti nel dibattito pubblico e mediatico e insieme una riflessione sul preoccupante diffondersi di procedure “emergenziali” e pratiche “commissariali” all’interno dei meccanismi di decisione delle democrazie contemporanee. In tale chiave i movimenti sono letti essenzialmente come “movimenti di parola”, nella prospettiva di riscoperta della parresia e della politica come dunasteia operata dall’ultimo Foucault.
2009
978-88-95366-50-0
Movimenti sociali; Biopolitica; Etnografia
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12570/772
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