Il saggio (che consta di circa 50 pagine) si apre con l’individuazione dei caratteri generali dell’esecuzione degli obblighi di fare (fungibili) e di non fare e del suo ambito di applicazione, individuandosi il limite “naturale” all’esecuzione in forma specifica nella infungibilità della prestazione, i.e. nell’insurrogabilità ad opera di un terzo del comportamento del debitore. In tali casi, dunque, non può azionarsi la procedura di cui agli artt. 612 e seguenti, rendendosi necessaria l’esecuzione indiretta, attraverso il ricorso a misure coercitive (o, in via ancor più residuale, tramite il risarcimento per equivalente). Delineato in via generale l’ambito di applicazione del procedimento in discorso, il lavoro è proseguito con l’analisi dei casi in cui è discussa l’applicazione degli artt. 612 e seguenti del codice di rito: in primo luogo, è stata esaminata la questione della utilizzabilità dello strumento in discorso per attuare gli obblighi di consegna dei minori, giungendo – dopo un’ampia disamina delle posizioni dottrinali e giurisprudenziali sul tema – alla conclusione che l’adattamento delle regole di cui agli artt. 612 e seguenti ai procedimenti di attuazione di consegna dei minori conosce non pochi ostacoli, di carattere sia pratico (il giudice dell’esecuzione e l’ufficiale giudiziario sono organi poco avvezzi a trattare le vicende, delicate, che concernono i minori; applicare le regole relative agli artt. 612 ss. significherebbe immettere la prole in un ingranaggio sordo, lento ed aleatorio) che giuridico (la prevalenza sul meccanismo dell’art. 612 c.p.c. di quello – più recente – previsto all’art. 709 ter c.p.c., che prevede un procedimento di carattere sussidiario e con funzione esecutiva, caratterizzato dalla previsione di un sistema progressivo di misure coercitive indirette, volte ad assicurare il rispetto di tutti i provvedimenti in senso lato di affidamento, istruzione ed educazione dei minori). Ancora, è stata esaminata sia la questione relativa alle forme di esecuzione dell’ordine di reintegra nel posto di lavoro, che quella concernente i rapporti tra il procedimento di esecuzione degli obblighi di fare e la misura coercitiva indiretta di cui all’art. 614 bis, dovendosi stabilire se l’astreinte italiana sia una semplice tecnica di esecuzione indiretta o un rimedio avente carattere generale, applicabile in ogni caso e, dunque, anche per l’attuazione di prestazioni fungibili, laddove l’esecuzione degli obblighi di fare, seppure astrattamente possibile, sia quantomeno di difficile realizzazione, concludendosi per l’applicabilità in via di interpretazione estensiva dell’art. 614 bis. Nel paragrafo 2, si è poi provveduto ad esaminare i titoli esecutivi legittimanti l’esecuzione degli obblighi di fare e non fare, osservando come sia in grado di legittimare l’azione esecutiva dell’art. 612 non solo la sentenza di condanna, ma anche qualunque provvedimento giudiziale di contenuto condannatorio, anche se non assunto nella forma di sentenza, nonché il verbale di conciliazione giudiziale e stragiudiziale ed anche – in virtù di un’interpretazione evolutiva dell’art. 474 – l’atto ricevuto da notaio o altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverlo, osservandosi come la soluzione contraria, sebbene più conforme al dettato normativo, appaia formalistica e contraria al principio di economia processuale (mentre a soluzione negativa si giunge con riferimento ai provvedimenti cautelari e possessori, in virtù della giurisprudenza secondo cui, poiché a norma dell’art. 669 duodecies c.p.c. l'esecuzione del provvedimento in materia possessoria dà luogo ad un ulteriore fase del relativo procedimento, di competenza dello stesso giudice che ha emesso il provvedimento, e non già al procedimento di esecuzione forzata, è erroneo - e come tale inammissibile - il ricorso all’art. 612 c.p.c. onde ottenere l'attuazione dell'ordine impartito dal giudice). Il lavoro prosegue con l’individuazione delle parti del processo di esecuzione forzata degli obblighi di fare e non fare, osservandosi che, in virtù dei principi generali, il titolo esecutivo e il precetto devono essere notificati a colui che risulti obbligato in base alle risultanze del titolo stesso, ovvero al suo successore universale o particolare. Del pari, l’esecuzione in forma specifica degli obblighi di fare e non fare può essere azionata non solo da chi risulti creditore nel titolo, ma anche dal suo successore. Svolte queste premesse, il lavoro prosegue con l’analisi della fase preesecutiva di notifica dell’atto di precetto e di quella esecutiva di deposito del ricorso al giudice e la successiva analisi del procedimento nei suoi snodi essenziali della comparizione delle parti e della determinazione delle modalità esecutive; particolare attenzione viene poi dedicata al regime di impugnazione del provvedimento (§ 6), laddove il giudice dell’esecuzione in tale attività non si sia limitato a mandare ad esecuzione il comando contenuto nel titolo, ma abbia integrato il titolo esecutivo, riconoscendo in questi casi che l’ordinanza emanata ai sensi dell’art. 612 c.p.c. perde la sua natura di provvedimento esecutivo (opponibile ex art. 617 c.p.c.) per acquistare quella di provvedimento decisorio, come tale appellabile. La stessa soluzione viene poi estesa anche a situazioni in cui si fa questione sul preteso adempimento del debitore o - più in generale - sul diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata. Infine, il lavoro si conclude con l’esame degli eventuali provvedimenti temporanei emessi ex art. 613 c.p.c. e della disciplina concernente la liquidazione delle spese, la quale, come è noto, diverge da quella prevista per l’espropriazione forzata.
L'ESECUZIONE DEGLI OBBLIGHI DI FARE (FUNGIBILI) E DI NON FARE
METAFORA R
2012-01-01
Abstract
Il saggio (che consta di circa 50 pagine) si apre con l’individuazione dei caratteri generali dell’esecuzione degli obblighi di fare (fungibili) e di non fare e del suo ambito di applicazione, individuandosi il limite “naturale” all’esecuzione in forma specifica nella infungibilità della prestazione, i.e. nell’insurrogabilità ad opera di un terzo del comportamento del debitore. In tali casi, dunque, non può azionarsi la procedura di cui agli artt. 612 e seguenti, rendendosi necessaria l’esecuzione indiretta, attraverso il ricorso a misure coercitive (o, in via ancor più residuale, tramite il risarcimento per equivalente). Delineato in via generale l’ambito di applicazione del procedimento in discorso, il lavoro è proseguito con l’analisi dei casi in cui è discussa l’applicazione degli artt. 612 e seguenti del codice di rito: in primo luogo, è stata esaminata la questione della utilizzabilità dello strumento in discorso per attuare gli obblighi di consegna dei minori, giungendo – dopo un’ampia disamina delle posizioni dottrinali e giurisprudenziali sul tema – alla conclusione che l’adattamento delle regole di cui agli artt. 612 e seguenti ai procedimenti di attuazione di consegna dei minori conosce non pochi ostacoli, di carattere sia pratico (il giudice dell’esecuzione e l’ufficiale giudiziario sono organi poco avvezzi a trattare le vicende, delicate, che concernono i minori; applicare le regole relative agli artt. 612 ss. significherebbe immettere la prole in un ingranaggio sordo, lento ed aleatorio) che giuridico (la prevalenza sul meccanismo dell’art. 612 c.p.c. di quello – più recente – previsto all’art. 709 ter c.p.c., che prevede un procedimento di carattere sussidiario e con funzione esecutiva, caratterizzato dalla previsione di un sistema progressivo di misure coercitive indirette, volte ad assicurare il rispetto di tutti i provvedimenti in senso lato di affidamento, istruzione ed educazione dei minori). Ancora, è stata esaminata sia la questione relativa alle forme di esecuzione dell’ordine di reintegra nel posto di lavoro, che quella concernente i rapporti tra il procedimento di esecuzione degli obblighi di fare e la misura coercitiva indiretta di cui all’art. 614 bis, dovendosi stabilire se l’astreinte italiana sia una semplice tecnica di esecuzione indiretta o un rimedio avente carattere generale, applicabile in ogni caso e, dunque, anche per l’attuazione di prestazioni fungibili, laddove l’esecuzione degli obblighi di fare, seppure astrattamente possibile, sia quantomeno di difficile realizzazione, concludendosi per l’applicabilità in via di interpretazione estensiva dell’art. 614 bis. Nel paragrafo 2, si è poi provveduto ad esaminare i titoli esecutivi legittimanti l’esecuzione degli obblighi di fare e non fare, osservando come sia in grado di legittimare l’azione esecutiva dell’art. 612 non solo la sentenza di condanna, ma anche qualunque provvedimento giudiziale di contenuto condannatorio, anche se non assunto nella forma di sentenza, nonché il verbale di conciliazione giudiziale e stragiudiziale ed anche – in virtù di un’interpretazione evolutiva dell’art. 474 – l’atto ricevuto da notaio o altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverlo, osservandosi come la soluzione contraria, sebbene più conforme al dettato normativo, appaia formalistica e contraria al principio di economia processuale (mentre a soluzione negativa si giunge con riferimento ai provvedimenti cautelari e possessori, in virtù della giurisprudenza secondo cui, poiché a norma dell’art. 669 duodecies c.p.c. l'esecuzione del provvedimento in materia possessoria dà luogo ad un ulteriore fase del relativo procedimento, di competenza dello stesso giudice che ha emesso il provvedimento, e non già al procedimento di esecuzione forzata, è erroneo - e come tale inammissibile - il ricorso all’art. 612 c.p.c. onde ottenere l'attuazione dell'ordine impartito dal giudice). Il lavoro prosegue con l’individuazione delle parti del processo di esecuzione forzata degli obblighi di fare e non fare, osservandosi che, in virtù dei principi generali, il titolo esecutivo e il precetto devono essere notificati a colui che risulti obbligato in base alle risultanze del titolo stesso, ovvero al suo successore universale o particolare. Del pari, l’esecuzione in forma specifica degli obblighi di fare e non fare può essere azionata non solo da chi risulti creditore nel titolo, ma anche dal suo successore. Svolte queste premesse, il lavoro prosegue con l’analisi della fase preesecutiva di notifica dell’atto di precetto e di quella esecutiva di deposito del ricorso al giudice e la successiva analisi del procedimento nei suoi snodi essenziali della comparizione delle parti e della determinazione delle modalità esecutive; particolare attenzione viene poi dedicata al regime di impugnazione del provvedimento (§ 6), laddove il giudice dell’esecuzione in tale attività non si sia limitato a mandare ad esecuzione il comando contenuto nel titolo, ma abbia integrato il titolo esecutivo, riconoscendo in questi casi che l’ordinanza emanata ai sensi dell’art. 612 c.p.c. perde la sua natura di provvedimento esecutivo (opponibile ex art. 617 c.p.c.) per acquistare quella di provvedimento decisorio, come tale appellabile. La stessa soluzione viene poi estesa anche a situazioni in cui si fa questione sul preteso adempimento del debitore o - più in generale - sul diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata. Infine, il lavoro si conclude con l’esame degli eventuali provvedimenti temporanei emessi ex art. 613 c.p.c. e della disciplina concernente la liquidazione delle spese, la quale, come è noto, diverge da quella prevista per l’espropriazione forzata.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.