Nell’immaginario collettivo, i moti del 1898 rimandano principalmente all’operazione militare armata da Bava Beccaris nella città di Milano, indelebilmente ritratta nel potente resoconto di Paolo Valera e rivitalizzata in differenti soluzioni letterarie fino all’età contemporanea. Non altrettanta risonanza sembrano aver avuto i tumulti sviluppatisi nella capitale partenopea sebbene anche Napoli (analogamente a Milano e Firenze) avesse subito lo stato d’assedio. Sulla spinta di una ipotesi di ricerca lanciata senza seguito da Paolo Ricci negli anni Settanta, l’articolo intende verificare, attraverso un ampio spoglio della produzione giornalistica e letteraria se quegli eventi, che anche Salvatore Di Giacomo si limitò a registrare con tono distaccato depotenziandone la gravità, ebbero un qualche riscontro letterario. Ne risultano illuminate, oltre alla materia narrativa dai toni epici concentrata principalmente su scene di ribellione femminile rintracciabile nelle testate cittadine, alcune soluzioni letterarie debitrici dell’eco prodotta dall'assedio militare: l’ immaginario dialogo tra Rudinì e il prefetto Casavola, messo in scena da Edoardo Scarfoglio, le invenzioni satiriche di Leopoldo Spinelli, ma soprattutto con esiti e sviluppi differenti il noto coro di nullatenenti scritto da Ferdinando Russo, e la meno conosciuta produzione drammatica di Giovanni Bovio, su cui pure s’intende fare luce.
«’O cannone fa buh buh!». Note sui moti del ’98 a Napoli tra cronaca e letteratura
BUFACCHI, EMANUELA
2017-01-01
Abstract
Nell’immaginario collettivo, i moti del 1898 rimandano principalmente all’operazione militare armata da Bava Beccaris nella città di Milano, indelebilmente ritratta nel potente resoconto di Paolo Valera e rivitalizzata in differenti soluzioni letterarie fino all’età contemporanea. Non altrettanta risonanza sembrano aver avuto i tumulti sviluppatisi nella capitale partenopea sebbene anche Napoli (analogamente a Milano e Firenze) avesse subito lo stato d’assedio. Sulla spinta di una ipotesi di ricerca lanciata senza seguito da Paolo Ricci negli anni Settanta, l’articolo intende verificare, attraverso un ampio spoglio della produzione giornalistica e letteraria se quegli eventi, che anche Salvatore Di Giacomo si limitò a registrare con tono distaccato depotenziandone la gravità, ebbero un qualche riscontro letterario. Ne risultano illuminate, oltre alla materia narrativa dai toni epici concentrata principalmente su scene di ribellione femminile rintracciabile nelle testate cittadine, alcune soluzioni letterarie debitrici dell’eco prodotta dall'assedio militare: l’ immaginario dialogo tra Rudinì e il prefetto Casavola, messo in scena da Edoardo Scarfoglio, le invenzioni satiriche di Leopoldo Spinelli, ma soprattutto con esiti e sviluppi differenti il noto coro di nullatenenti scritto da Ferdinando Russo, e la meno conosciuta produzione drammatica di Giovanni Bovio, su cui pure s’intende fare luce.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.