Il carcere ha preso il posto della pena di morte e delle pene corporali in concomitanza con l’affermarsi dell’idea dello scopo. Secondo un importante indirizzo interpretativo, autorevolmente rappresentato da Franz von Listz, il merito dell’umanizzazione dei sistemi penali spetterebbe al superamento della prospettiva retributiva a favore delle teorie relative della pena. In senso contrario a questa ricostruzione (definita «idealistica»), la sociologia della pena inaugurata da Pena e struttura sociale di Georg Rusche e Otto Kirchheimer ha ancorato l’evoluzione dei sistemi sanzionatori al cambiamento dei modi di produzione. Lo studio che si presenta rilegge criticamente questo dibattito. Rispetto all’indirizzo idealistico, ci si sofferma sull’equazione tra pena giusta e pena utile che si ravvisa in von Listz, in Rudolf von Jhering e già in Cesare Beccaria, mostrandone la problematicità e l’ambivalenza. Particolare attenzione è prestata al tema della pena di morte nel pensiero di Beccaria, che costituisce un momento emblematico di tensione tra l’utilitarismo e l’umanitarismo. Per quanto attiene alla prospettiva sociologica, l’opera di Rusche e Kirchheimer è messa a confronto con il pensiero di Foucault e di Melossi e Pavarini, per poi passare al pensiero di chi reputa che l’idea dello scopo sia una teoria da respingere perché in contrasto con la realtà. Il contributo che si presenta non accoglie quest’ultima impostazione, troppo appiattita sull’essere, e mantiene salda la prospettiva del dover essere, seppure problematizzandola. In particolare, viene analizzato il tema della legittimità costituzionale del carcere rispetto all’art. 27 Cost., che ammette soluzioni diverse a seconda del modo in cui si intende il principio rieducativo.
Il carcere e l'idea dello scopo
Gentile Gianluca
2021-01-01
Abstract
Il carcere ha preso il posto della pena di morte e delle pene corporali in concomitanza con l’affermarsi dell’idea dello scopo. Secondo un importante indirizzo interpretativo, autorevolmente rappresentato da Franz von Listz, il merito dell’umanizzazione dei sistemi penali spetterebbe al superamento della prospettiva retributiva a favore delle teorie relative della pena. In senso contrario a questa ricostruzione (definita «idealistica»), la sociologia della pena inaugurata da Pena e struttura sociale di Georg Rusche e Otto Kirchheimer ha ancorato l’evoluzione dei sistemi sanzionatori al cambiamento dei modi di produzione. Lo studio che si presenta rilegge criticamente questo dibattito. Rispetto all’indirizzo idealistico, ci si sofferma sull’equazione tra pena giusta e pena utile che si ravvisa in von Listz, in Rudolf von Jhering e già in Cesare Beccaria, mostrandone la problematicità e l’ambivalenza. Particolare attenzione è prestata al tema della pena di morte nel pensiero di Beccaria, che costituisce un momento emblematico di tensione tra l’utilitarismo e l’umanitarismo. Per quanto attiene alla prospettiva sociologica, l’opera di Rusche e Kirchheimer è messa a confronto con il pensiero di Foucault e di Melossi e Pavarini, per poi passare al pensiero di chi reputa che l’idea dello scopo sia una teoria da respingere perché in contrasto con la realtà. Il contributo che si presenta non accoglie quest’ultima impostazione, troppo appiattita sull’essere, e mantiene salda la prospettiva del dover essere, seppure problematizzandola. In particolare, viene analizzato il tema della legittimità costituzionale del carcere rispetto all’art. 27 Cost., che ammette soluzioni diverse a seconda del modo in cui si intende il principio rieducativo.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.