Il saggio intende indagare la personalità di Severo Turboli, priore della Certosa di San Martino per due volte, tra il 1583 e il 1597 e tra il 1606 e il 1607, responsabile del rinnovamento del monastero napoletano, arricchito nei suoi anni di importanti opere d’arte spettanti ad artisti prevalentemente non napoletani. Attraverso un più approfondito esame delle fonti e grazie a numerosi documenti inediti risultano evidenziate le scelte del colto priore nel campo della decorazione scultorea. In particolare, viene attribuito all’architetto e scultore Giovan Antonio Dosio il busto di San Martino sul portale di ingresso alla chiesa; si valorizzano nuove informazioni sugli straordinari armadi intarsiati della sagrestia, opera di Lorenzo Duca, Teodoro de Voghel, Nunzio Ferraro, Giovan Battista Vigliante ed Enrico di Utrecht; si ascrivono gli stucchi nel coro della chiesa al lombardo Ruggero Bascapè; si chiariscono molti aspetti sulla perduta croce argentea di Antonio Gentili da Faenza e si precisa inoltre la datazione delle sculture di Pietro Bernini.
Don Severo Turboli e il cantiere della Certosa di Napoli: precisazioni su Giovanni Antonio Dosio, Lorenzo Duca, Ruggiero Bascapè, Antonio Gentili da Faenza e Pietro Bernini
De Mieri Stefano
2022-01-01
Abstract
Il saggio intende indagare la personalità di Severo Turboli, priore della Certosa di San Martino per due volte, tra il 1583 e il 1597 e tra il 1606 e il 1607, responsabile del rinnovamento del monastero napoletano, arricchito nei suoi anni di importanti opere d’arte spettanti ad artisti prevalentemente non napoletani. Attraverso un più approfondito esame delle fonti e grazie a numerosi documenti inediti risultano evidenziate le scelte del colto priore nel campo della decorazione scultorea. In particolare, viene attribuito all’architetto e scultore Giovan Antonio Dosio il busto di San Martino sul portale di ingresso alla chiesa; si valorizzano nuove informazioni sugli straordinari armadi intarsiati della sagrestia, opera di Lorenzo Duca, Teodoro de Voghel, Nunzio Ferraro, Giovan Battista Vigliante ed Enrico di Utrecht; si ascrivono gli stucchi nel coro della chiesa al lombardo Ruggero Bascapè; si chiariscono molti aspetti sulla perduta croce argentea di Antonio Gentili da Faenza e si precisa inoltre la datazione delle sculture di Pietro Bernini.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.