The essay analyzes the impact of the reform of art. 2103 c.c., which linked the employer’s ius variandi to the collective bargaining’s classifications, on the obligation to employ the worker in different tasks to avoid dismissal (cd. repêchage). After criticizing the lack of attention of the legislator for the consequences of the 2015 reform, the work focuses on the effort made in the last contract renewals, that in many sectors have linked classifications to the professionalism of the workers, highlighting that these efforts do not seem sufficient to solve the problems posed by the reform of art. 2103 c.c. The pivot of the system is then identified in the obligation of training provided for under art. 2103 c.c. third paragraph, seen as a form of reasonable arrangement as those provided for by the UN Convention of 2006, EC Directive 2000/78 and national legislation. It is highlighted that the logical background common to all forms of adaptation of the organization aimed at avoiding dismissals is that of the resolution for excessive burdens referred to in art. 1467 c.c. On this basis, finally, the jurisprudence that identifies the limit of organizational adaptations useful to avoid dismissal in the possession by the worker of the professionalism necessary for the performance of the tasks of destination is criticized

Il saggio analizza l’impatto della riforma dell’art. 2103 c.c., che ha agganciato lo ius variandi datoriale all’inquadramento operato dalla contrattazione collettiva a fini retributivi e senza tener conto dei profili professionali, sull’obbligo del datore di lavoro di adibire il lavoratore a mansioni differenti per evitarne il licenziamento (cd. repêchage). Dopo aver criticato la carenza di attenzione del legislatore per le conseguenze di sistema della riforma del 2015, il lavoro si sofferma sullo sforzo compiuto negli ultimi rinnovi contrattuali, che in molti settori hanno riformato i sistemi di inquadramento legandoli alla professionalità dei lavoratori, evidenziando come questi sforzi non sembrino sufficienti a risolvere i problemi posti dalla riforma dell’art. 2103 c.c. Il perno del sistema è poi individuato nell’obbligo di formazione previsto dal terzo comma della norma e viene proposta una lettura che lo accosta agli accomodamenti ragionevoli previsti dalla Convenzione Onu del 2006, dalla Direttiva CE 2000/78 e dalla legislazione nazionale, evidenziando che la logica comune a tutte le forme di adattamento dell’organizzazione produttiva finalizzate a evitare il licenziamento è quella della risoluzione per eccessiva onerosità di cui all’art. 1467 c.c. Su questa base si critica infine la giurisprudenza che individua il limite degli adattamenti organizzativi utili a evitare il licenziamento nel possesso da parte del lavoratore della professionalità necessaria allo svolgimento delle mansioni di destinazione.

L'art. 2103 c.c. dopo il jobs act e la latitudine dell'obbligo datoriale di repêchage

Calcaterra L.
2023-01-01

Abstract

The essay analyzes the impact of the reform of art. 2103 c.c., which linked the employer’s ius variandi to the collective bargaining’s classifications, on the obligation to employ the worker in different tasks to avoid dismissal (cd. repêchage). After criticizing the lack of attention of the legislator for the consequences of the 2015 reform, the work focuses on the effort made in the last contract renewals, that in many sectors have linked classifications to the professionalism of the workers, highlighting that these efforts do not seem sufficient to solve the problems posed by the reform of art. 2103 c.c. The pivot of the system is then identified in the obligation of training provided for under art. 2103 c.c. third paragraph, seen as a form of reasonable arrangement as those provided for by the UN Convention of 2006, EC Directive 2000/78 and national legislation. It is highlighted that the logical background common to all forms of adaptation of the organization aimed at avoiding dismissals is that of the resolution for excessive burdens referred to in art. 1467 c.c. On this basis, finally, the jurisprudence that identifies the limit of organizational adaptations useful to avoid dismissal in the possession by the worker of the professionalism necessary for the performance of the tasks of destination is criticized
2023
Il saggio analizza l’impatto della riforma dell’art. 2103 c.c., che ha agganciato lo ius variandi datoriale all’inquadramento operato dalla contrattazione collettiva a fini retributivi e senza tener conto dei profili professionali, sull’obbligo del datore di lavoro di adibire il lavoratore a mansioni differenti per evitarne il licenziamento (cd. repêchage). Dopo aver criticato la carenza di attenzione del legislatore per le conseguenze di sistema della riforma del 2015, il lavoro si sofferma sullo sforzo compiuto negli ultimi rinnovi contrattuali, che in molti settori hanno riformato i sistemi di inquadramento legandoli alla professionalità dei lavoratori, evidenziando come questi sforzi non sembrino sufficienti a risolvere i problemi posti dalla riforma dell’art. 2103 c.c. Il perno del sistema è poi individuato nell’obbligo di formazione previsto dal terzo comma della norma e viene proposta una lettura che lo accosta agli accomodamenti ragionevoli previsti dalla Convenzione Onu del 2006, dalla Direttiva CE 2000/78 e dalla legislazione nazionale, evidenziando che la logica comune a tutte le forme di adattamento dell’organizzazione produttiva finalizzate a evitare il licenziamento è quella della risoluzione per eccessiva onerosità di cui all’art. 1467 c.c. Su questa base si critica infine la giurisprudenza che individua il limite degli adattamenti organizzativi utili a evitare il licenziamento nel possesso da parte del lavoratore della professionalità necessaria allo svolgimento delle mansioni di destinazione.
licenziamento - giustificato motivo oggettivo - mansioni - jobs act - repêchage - contrattazione collettiva - professionalità
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/20.500.12570/36873
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