Facendo seguito ad un precedente studio sul “traghettamento” di The Uncommon Reader di Alan Bennett in italiano (Di Martino 2010), questo saggio esamina un secondo nucleo problematico del testo, o meglio due nuclei problematici interconnessi: il rapporto interdiscorsivo con Virginia Woolf ed il richiamo alla tematica dell’omosessualità. Nell’analizzare questi aspetti, si è cercato di valutare se e come Monica Pavani, la traduttrice italiana di The Uncommon Reader, una studiosa con una spiccata sensibilità per le tematiche di gender, ha lasciato che la sua identità di donna influenzasse il suo lavoro di traduzione attraverso un’operazione di hijacking (von Flotow 1991). Muovendo dall’indicazione di Berman (1995) che è importante, per la critica della traduzione, andare oltre i testi e chiedersi, al pari di quanto si fa per l’autore, chi sia il traduttore, il saggio si apre con una breve presentazione della traduttrice e del suo lavoro il cui scopo è mostrare come lei stessa abbia descritto la traduzione come una forma di écriture, di scrittura che estende le intenzioni del testo di partenza. Si cerca poi di dare un’idea di come tale processo di écriture prende corpo nella pagina tradotta. La conclusione alla quale si è giunti attraverso un esame delle voci di quelli che sembrano essere i tre personaggi più significativi del The Uncommon Reader - la regina (the Queen) , lo sguattero gay (the queen) e il cane di J. R. Ackerley (Queenie) - è che, nonostante la sua tendenza ad “estendere” le intenzioni degli autori che traduce, non sembra che Pavani compia in questo testo una vera e propria operazione di riscrittura, quanto meno non si ritrova ne La Sovrana Lettrice un’agenda politica femminista coerente, ma solo una serie di scelte coraggiose.
Da The Uncommon Reader a La sovrana lettrice: voci in transito
DI MARTINO, Emilia
2011-01-01
Abstract
Facendo seguito ad un precedente studio sul “traghettamento” di The Uncommon Reader di Alan Bennett in italiano (Di Martino 2010), questo saggio esamina un secondo nucleo problematico del testo, o meglio due nuclei problematici interconnessi: il rapporto interdiscorsivo con Virginia Woolf ed il richiamo alla tematica dell’omosessualità. Nell’analizzare questi aspetti, si è cercato di valutare se e come Monica Pavani, la traduttrice italiana di The Uncommon Reader, una studiosa con una spiccata sensibilità per le tematiche di gender, ha lasciato che la sua identità di donna influenzasse il suo lavoro di traduzione attraverso un’operazione di hijacking (von Flotow 1991). Muovendo dall’indicazione di Berman (1995) che è importante, per la critica della traduzione, andare oltre i testi e chiedersi, al pari di quanto si fa per l’autore, chi sia il traduttore, il saggio si apre con una breve presentazione della traduttrice e del suo lavoro il cui scopo è mostrare come lei stessa abbia descritto la traduzione come una forma di écriture, di scrittura che estende le intenzioni del testo di partenza. Si cerca poi di dare un’idea di come tale processo di écriture prende corpo nella pagina tradotta. La conclusione alla quale si è giunti attraverso un esame delle voci di quelli che sembrano essere i tre personaggi più significativi del The Uncommon Reader - la regina (the Queen) , lo sguattero gay (the queen) e il cane di J. R. Ackerley (Queenie) - è che, nonostante la sua tendenza ad “estendere” le intenzioni degli autori che traduce, non sembra che Pavani compia in questo testo una vera e propria operazione di riscrittura, quanto meno non si ritrova ne La Sovrana Lettrice un’agenda politica femminista coerente, ma solo una serie di scelte coraggiose.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.